Quando c’è una lesione a carico di un vaso sanguigno, si innesca il processo di coagulazione del sangue (emostasi) per porre fine al sanguinamento in atto. Il processo consta di 4 fasi:
- Di vaso costrizione che prevede l’intervento di fattori vascolari che provocano un locale fenomeno di vasocostrizione;
- Piastrinica che prevede l’intervento e l’attivazione delle piastrine (EMOSTASI PRIMARIA): le cellule endoteliali del vaso sanguigno secernano una proteina che ha il nome di Fattore Von Willebrand che, disponendosi in corrispondenza della lesione, agisce come una sorta di “collante” per le piastrine presenti nel sangue, favorendone l’adesione. Le piastrine adese passano dalla forma rotondeggiante a quella piatta, e favoriscono la produzione di fattori che danno inizio alla formazione del tappo piastrinico non sufficiente, però, da solo a generare emostasi.
- Coagulativa che prevede l’intervento e l’attivazione di una serie di fattori della coagulazione ( EMOSTASI SECONDARIA)per dare origine al coagulo vero e proprio. Questa fase è caratterizzata dalla stabilizzazione dell’aggregato grazie all’attivazione della fibrina.
- Fibrinolitica o della dissoluzione del coagulo
La fibrina si trova normalmente sotto forma di fibrinogeno che non può dar luogo ad un aggregato; per far si che il fibrinogeno venga attivato e trasformato in fibrina esistono le due vie della coagulazione: la via estrinseca e la via intrinseca che prevedono l’attivazione dei vari fattori della coagulazione, a cascata.

La VIA ESTRINSECA è più rapida e coinvolge i seguenti fattori: fattore tissutale, prodotto a seguito della lesione del vaso sanguigno, fattore VII.
La VIA INTRINSECA è più lenta perché comprende i fattori XII, XI, IX e VIII. Questa via è innescata dal fattore XII o di Hageman.
Le due vie si congiungono originando la via comune che ha inizio con l’attivazione del fattore X.
Il fattore Xa e il fattore Va contribuiscono ad attivare la protrombina (fattore II) in trombina (fattore IIa) che trasforma il fibrinogeno in lunghi filamenti di fibrina, che formano una rete che intrappola altre piastrine e globuli rossi dando origine ad un coagulo definitivo che contribuisce a tener ben chiusa la lesione della parete vascolare. Il coagulo viene ulteriormente stabilizzato grazie all’ intervento del fattore XIIIa e, una volta che la parete del vaso danneggiato viene riparata, deve essere dissolto al fine di prevenire la formazione di piccoli coaguli all’interno dei vasi sanguigni che potrebbero causare l’insorgenza della trombosi e per evitare ostacoli alla circolazione del sangue. In questo processo interviene la plasmina che deriva dall’attivazione del plasminogeno. La plasmina è in grado di agire su molte proteine compreso il fibrinogeno, la fibrina non stabilizzata ,solubile, la fibrina stabilizzata dal fattore XIIIa, insolubile, determinando la formazione dei prodotti di degradazione del fibrinogeno e fibrina (FDP). L’attività della plasmina viene modulata dagli inibitori degli attivatori del plasminogeno (PAI) che rallentano o bloccano il processo di trasformazione del plasminogeno in plasmina.
Le reazioni che portano alla formazione di un coagulo sono controllate da fattori anticoagulanti che arrestano o rallentano il processo della coagulazione che deve rimanere in costante equilibrio tra forma procoagulante e anticoagulante.
I fattori anticoagulanti sono:
- EPARINA: che inattiva i fattori Xa e IIa
- ANTITROBINA III: che inattiva il fattore IIa, Xa, XIa, IXa
- PROTEINA C: inattiva il fattore Va e VIIIa
- PROTEINA S: cofattore della proteina C
- INIBITORE DELLA VIA DEL FATTORE TISSUTALE
Quando l’equilibrio tra forma procoagulante e anticoagulante è spostato verso la forma procoagulante abbiamo la TROMBOFILIA.
Al contrario quando il processo è spostato verso la forma anticoagulante abbiamo i DISORDINI EMORRAGICI (tendenza al sanguinamento).